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Dipendenze patologiche

Le dipendenze patologiche sono caratterizzate da uso continuativo e rischioso di sostanze nonostante le conseguenze, e scarso controllo sull'uso.  

Dipendenze patologiche - Definizione e trattamento

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Le dipendenze patologiche

Le dipendenze patologiche fanno riferimento a diverse sostanze. L’ultimo report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2012) ha stimato la diffusione dell’uso di sostanze illegali  tra la popolazione mondiale di età compresa fra i 15 ed i 64 anni. Il numero di persone che ha fatto uso almeno una volta di una qualche sostanza illegale varia  tra i 153 ed i 300 milioni, pari al 3.6-6.6% della popolazione, e tra queste coloro che riportano un uso problematico sono il 12%. Sempre secondo lo stesso report, le morti correlate all’uso di droga sono  pari al 0.5-1.3 delle morti totali nella popolazione adulta, con numeri che variano da 99.000 a 253.000 a seconda delle area geografiche. Rispetto alla diffusione per tipologia di sostanze, le più utilizzate sono la Cannabis e le anfetamine (a esclusione dell’ecstasy) con una prevalenza che varia tra il 2,6 ed il 5% per la prima, ed il 0,3-1,2% per le seconde. L’uso di oppioidi (composti sintetici o di derivazione naturale che producono effetti simili a quelli della morfina) è del 0.6-0.8%, mentre quello di oppiacei (oppio e derivati, come morfina ed eroina) è del 0.3-0.5%. La cocaina ha una diffusione dello 0.3-0.4%, mentre l’escstasy dello 0.2-0.6%.

Sempre l’OMS (2014), riporta che il 4,1% della popolazione mondiale presenta un disturbo correlato all’uso di alcool, diffuso in misura maggiore in Europa (7,5%) rispetto alle altre aree geografiche. Per quanto riguarda l’Italia, la percentuale totale è pari all’1%, anche se a soffrire di un disturbo alcool-correlato sono in misura quasi doppia gli uomini (1,3%) rispetto alle donne (0,8%). I dati nazionali riportati dal dal Ministero della Sanità evidenziano inoltre che tra i consumatori a maggior rischio rientrano le persone anziane di età pari o superiore a 65 anni (il 43,0% degli uomini e il 10,9% delle donne), i giovani tra i 18 e i 24 anni (il 22,8% dei maschi e l’8,4% delle femmine) e gli adolescenti di 11-17 anni (il 14,1% dei maschi e l’8,4% delle femmine).

Definizione di dipendenza patologica

La presenza di un disturbo correlato a sostanze si caratterizza per un uso continuativo nonostante l’insorgenza di sintomi cognitivi, comportamentali e fisiologici che generano elevato grado di difficoltà. Un’ulteriore caratteristica è l’alterazione che il consumo provoca a livello neuronale e che si esprime, talvolta anche dopo la disintossicazione, nelle numerose ricadute e nell’intenso desiderio per la sostanza stessa.

A prescindere dal tipo di sostanza, le dipendenze patologiche presentano un insieme di comportamenti caratteristici elencati nei seguenti criteri:

1) Ridotte capacita di controllo sull’uso della sostanza:

  • la persona ne fa un uso eccessivo o la assume per periodi di tempo più lunghi del previsto;
  • è presente il desiderio di smettere o ridurne l’uso, associati a tentativi che non riscuotono successo;
  • la persona impiega molto tempo nel cercare di reperire la sostanza, nel farne uso o nel riprendersi dai suoi effetti;
  • è presente craving, ovvero un intenso desiderio della sostanza che può manifestarsi in qualunque momento ma è più probabile avvenga in presenza di stimoli associati alla stessa.

2) Compromissione del funzionamento sociale:

  • incapacità di portare a termini i compiti a casa, a scuola o sul lavoro;
  • uso continuativo della sostanza nonostante questo provochi o aggravi ricorrenti problemi sociali o interpersonali;
  • la persona riduce o interrompe importanti attività sociali o ricreative;
  • la persona si ritira dalla vita familiare o ricreativa per fare uso della sostanza.

3) Utilizzo rischioso della sostanza:

  • la persona ne fa uso in situazioni fisicamente rischiose (esempio: alla guida)
  • il consumo non viene interrotto nonostante provochi o aggravi ricorrenti problemi fisici o psicologici;
  • l’elemento chiave di questa classe di sintomi non è dato dalla presenza di un problema fisico o psicologico in sé, ma dall’incapacità del soggetto di astenersi nonostante le difficoltà che il consumo genera.

4) Aspetti farmacologici:

  • tolleranza: la stessa quantità di sostanza non produce più gli effetti desiderati, che possono essere raggiunti solamente con aumento della dose. Il grado di tolleranza varia marcatamente da persona a persona e tra i diversi tipi di sostanze.
  • astinenza: si presenta al decrescere della quantità di sostanza presente nel sangue o nei tessuti di una persona che ne ha fatto un forte uso. I sintomi  variano marcatamente a seconda del tipo di sostanza e sono particolarmente intensi e comuni per alcool, oppioidi, sedativi, ipnotici e ansiolitici, possono essere meno intensi per con stimolanti tabacco e cannabis e non sempre si verificano con allucinogeni e inalanti, tanto che questo criterio non viene inserito nella diagnosi per questo genere di droghe.

Tolleranza e astinenza sono sintomi che spesso si presentano nella storia del disturbo da sostanze, ma non sono criteri necessari per la diagnosi.

A prescindere dal tipo di sostanza il disturbo può variare ampiamente per il livello di gravità, che viene stabilito in base al numero di criteri soddisfatti. Solitamente, una condizione lieve viene indicata dalla presenza di 2-3 criteri, moderato da 4-5 criteri e severo da 6 o più.

In generale, un disturbo indotto da sostanze include sintomi di astinenza (vedi sopra) e intossicazione. I criteri per l’intossicazione variano da sostanza a sostanza, ma solitamente determinano un’alterazione temporanea delle abilità cognitive e del comportamento conseguenti l’assunzione recente della sostanza. Tra i sintomi più frequenti rientrano insonnia, alterazioni della percezione, dell’attenzione,  del pensiero, delle capacità di giudizio, dell’attività psicomotoria e del comportamento interpersonale. L’unica sostanza che non induce intossicazione è il tabacco. Altre sostanze possono inoltre indurre modificazioni fisiche o fisiologiche che non sono necessariamente problematiche, ad esempio se l’assunzione di una sostanza provoca unicamente tachicardia, in assenza di altre alterazioni, non si parla di intossicazione.

I disturbi correlati a sostanze fanno riferimento a 10 classi di sostanze differenti: alcool; caffeina; tabacco; cannabis; allucinogeni; feniciclidina e sostanze simili; inalanti; oppiacei; sedativi, ipnotici e ansiolitici; stimolanti. Queste 10 classi non sono totalmente distinte, l’assunzione in quantità eccessiva di qualsiasi tipo di droghe porta infatti ad un’intensa attivazione nel sistema cerebrale della ricompensa, questo si attiva normalmente in risposta a stimoli naturali, gratificando l’individuo con sensazioni di benessere e soddisfazione. L’uso  continuativo della sostanza porta tuttavia tale sistema ad attivarsi solo in risposta ad essa e e non ad altri stimoli, portando l’individuo a trascurare le attività quotidiane. Il meccanismo farmacologico con cui ogni classe di sostanze produce la ricompensa è differente, tuttavia tutte generano sensazioni in qualche modo piacevoli.

Esordio e decorso delle dipendenze patologiche

I fattori che insieme determinano l’insorgenza di un disturbo correlato a sostanze sono di natura genetica, fisiologica, psicologica e sociale, ma la quota di responsabilità di ognuno di questi varia da individuo a individuo. In generale, i giovani tra i 18 ed i 24 anni, rispetto alle altre fasce d’età, hanno una prevalenza relativamente alta nell’uso di ogni sostanza. Inoltre, le persone con scarse capacità di autocontrollo sembrano particolarmente predisposte a sviluppare questo tipo di disturbo, suggerendo che le radici del disturbo potrebbero affondare in comportamenti ben precedenti l’esordio del disturbo stesso.

Eziopatogenesi delle dipendenze patologiche

Il processo che porta all’utilizzo problematico di una sostanza è complesso ed articolato: come per tutti i comportamenti disfunzionali, si ritiene che esso derivi  da una complessa interazione tra i geni  e l’ambiente. In linea con i più recenti modelli biopsicosociali, più che di fattori causali,  è opportuno parlare di fattori di rischio, di tipo biologico, psicologico e sociale.

Fattori biologici

La predisposizione biologica è un importante fattore di rischio per l’instaurarsi delle dipendenze patologiche e consiste in un’alterazione della produzione di neurotrasmettitori endogeni (specialmente la dopamina) coinvolti nei processi legati alla gratificazione e alla ricompensa: le sostanze per le quali si sviluppa una dipendenza patologica vanno ad agire proprio sulle vie dopaminergiche alla base di questi meccanismi. I circuiti cerebrali dopaminergici guidano il comportamento verso gli stimoli che sono fondamentali per la sopravvivenza. Attivando artificialmente queste vie nervose, le sostanze psicoattive inducono  a ripetere il comportamento in quanto il sistema nervoso viene “ingannato” e risponde come se la sostanza fosse necessaria alla sopravvivenza. Con ripetute esposizioni l’associazione tra sostanza e stimolo diviene sempre più forte evolvendo in risposte comportamentali complesse.

Fattori sociali, familiari ed eventi stressanti

Oltre alla vulnerabilità biologico-genetica, gli altri fattori di rischio individuati sono: la situazione socio-economica in cui si vive (disponibilità della sostanza, contesti devianti, svantaggio economico, povertà, cultura del gruppo dei pari, instabilità sociale), l’esposizione a eventi stressanti o traumatici (abuso infantile, problemi familiari, deprivazione sociale) e la familiarità per la dipendenza patologica o altri disturbi psichiatrici (disturbo dell’umore, dipendenza  da alcol, disturbi di personalità).

Processi di apprendimento

Molte ricerche hanno evidenziato l’importanza dei processi di apprendimento nello sviluppo di dipendenze patologiche e dell’uso problematico di sostanze: secondo la teoria dell’apprendimento, la dipendenza patologica può essere vista come un comportamento appreso. Le persone imparano a mettere in atto comportamenti di abuso a causa di processi di condizionamento. Il condizionamento classico prevede che ci sia un’associazione tra il piacere dell’uso della sostanza con degli stimoli ambientali: ad esempio, una persona che fuma in macchina alla fine della giornata lavorativa, tenderà ad associare il piacere del fumare con la guida verso casa alla fine del lavoro. Quest’associazione ripetuta più volte trasformerà il momento “fine del lavoro” e il gesto di guidare l’auto in stimoli che inducono il gesto di fumare.

Anche l’osservazione di altre persone che usano una sostanza può costituire uno stimolo che porta allo sviluppo di dipendenze patologiche, tramite i noti processi dell’apprendimento sociale: quando una persona osserva il comportamento di altre persone che usano sostanze e li vede provare sensazioni positive, può sviluppare il desiderio di mettere in atto lo stesso comportamento allo scopo di raggiungere le medesime piacevoli sensazioni. Per esempio, vedere un genitore che torna a casa dopo il lavoro agitato e stressato, beve qualche drink e diventa rilassato e giocoso, può indurre ad imparare che l’acool sia un buon modo di gestire lo stress.

I costrutti psicologici rilevanti delle dipendenze patologiche

Alcuni fattori psicologici si sono rilevati importanti fattori di rischio e di mantenimento delle dipendenze patologiche e dell’uso problematico di sostanze. In particolare molti studi epidemiologici hanno dimostrato che alti indici di ansia, di sensations/novelty seeking  e di impulsività sono presenti nelle persone che hanno sviluppato la dipendenza da sostanze.

  1. Ansia. Per quanto riguarda l’ansia, l’utilizzo di sostanze può costituire una strategia di gestione e regolazione della stessa, che, solo nel breve termine, dà sollievo. Questa forma di “auto-medicazione” emotiva può sottostare all’esordio dell’uso di sostanze, agli stati soggettivi di craving e al mantenimento dell’uso come metodo per mitigare i sintomi di astinenza.
  2. Sensation/Novelty Seeking.  E’ un fattore comportamentale con molte sfaccettature, definito come il bisogno e la tendenza a raggiungere esperienze emotive molto intense, e concettualizzato come una tendenza ereditabile all’esplorazione e all’eccitazione in risposta alla novità. Numerosi studi hanno evidenziato come alti indici di  sensation/novelty seeking  siano sempre presente nelle persone che presentano un uso problematico di sostanze, e che ciò possa costituire un importante fattore di rischio per l’esordio del disturbo.
  3. Impulsività. L’impulsività è un fattore molto importante nella comprensione e spiegazione di diversi problemi psicopatologici ed è definito come la tendenza a mettere in atto azioni e decisioni affrettate, scarsamente pianificate ed eccessivamente rischiose. Le componenti dell’impulsività che risultano particolarmente importanti nei comportamenti di addiction sono la mancanza di considerazione verso le conseguenze negative del comportamento impulsivo, una reazione rapida e non pianificata agli stimoli prima di aver concluso un adeguato processo di raccolta di informazioni, e la mancanza di considerazione per le implicazioni a lungo termine.
    Molte ricerche evidenziano che alti livelli di impulsività siano quasi sempre presenti in persone che presentano l’uso problematico di una sostanza.
    Le variazioni nei diversi tratti del controllo degli impulsi  precedono e causano l’insorgenza di comportamenti di ricerca e assunzione compulsiva di sostanze. Inoltre, l’impulsività è anche un importante conseguenza dell’assunzione di sostanze: il comportamento compulsivo di ricerca e assunzione delle stesse, frutto del consumo persistente di una sostanza, diminuisce le capacità della corteccia frontale di sopprimere le risposte impulsive inappropriate elicitate dall’abuso.
  4. Metacognizioni. Molti studi recenti enfatizzano l’importanza dei processi psicologici che generano, monitorano e mantengono gli stati mentali spiacevoli e i comportamenti disfunzionali, al di là del contenuto dei pensieri stessi. Molto importanti in questo senso sono le metacognizioni, ovvero tutti le componenti e i processi mentali coinvolti nel controllo, modificazione e interpretazione del pensiero. Una tipologia di metacognizioni è rappresentato ad esempio dalle aspettative. Il comportamento di uso problematico di una sostanza è favorito rispetto a comportamenti salutari in virtù delle aspettative che una persona ha a riguardo: nell’ambito di un bilancio di pro e contro, se si sviluppa l’idea che i benefici dell’utilizzo della sostanza, anche a fronte delle conseguenze negative, siano maggiori rispetto ai benefici del comportamento salutare, probabilmente l’uso della sostanza sarà visto come una scelta ragionevole e sarà messa in atto. Ad esempio, una persona può erroneamente ritenere che il craving, se non soddisfatto, potrà provocare dei danni, oppure potrebbe ritenere che una scelta salutare condurrà alla noia (e queste credenze possono essere sviluppate a seguito dell’osservazione diretta o indiretta del comportamento di altri). Una volta che queste credenze e aspettative si sono sviluppate, sono resistenti al cambiamento, poiché, anche di fronte ad informazioni contrastanti, la persona tenderà a porre maggiore attenzione agli indizi che “sostengono” la sua teoria. Per quanto riguarda ad esempio il disturbo da uso di alcool, due credenze in particolare sembrano determinanti: la necessità di controllare il pensiero e la scarsa fiducia nelle proprie capacità mentali. L’uso di alcool può essere considerato come una strategia per controllare i pensieri e migliorare l’efficienza cognitiva. Le credenze metacognitive riguardanti l’efficacia della sostanza nella regolazione del pensiero sono un  fattore di mantenimento fondamentale del comportamento problematico. Risultano molto importanti le credenze positive circa l’uso della sostanza per regolare stati mentali (es: “l’alcool mi aiuta a controllare i brutti ricordi”) o negative relative all’incontrollabilità e al danno della stessa sul funzionamento cognitivo (es:“l’alcool danneggia la mia memoria”). Queste credenze metacognitive sull’uso di alcool con funzione cognitivo-regolatoria si sono rivelate dei  predittori del consumo di alcool più forti delle aspettative cognitivo-sociali sulle conseguenze generali del consumo di alcool.
  5. Ruminazione, rimuginio e pensiero desiderante. Relativamente ai processi di pensiero, le più recenti teorie sottolineano l’importanza di modalità di pensiero ripetitive e perseveranti, nel mantenimento e del peggioramento del disturbo da dipendenze patologiche. In particolare, la ruminazione, che è uno stile di pensiero ripetitivo, ciclico, negativo, perseverante focalizzato sul proprio malessere emotivo, sui propri problemi finalizzato a comprenderne cause e conseguenze (es: perché succede a me? Perché mi sento così triste? Perché reagisco sempre in questo modo?). La seconda modalità di pensiero molto studiata è il rimuginio, ovvero una concatenazione di pensieri e immagini relativamente incontrollabili e attivati dall’individuo, allo scopo di prevedere o prevenire eventi negativi in condizioni di incertezza e di costruire mentalmente ipotetiche soluzioni. Più recentemente, è emersa l’importanza del pensiero desiderante, ovvero un processo consapevole e volontario che orienta la persona a prefigurarsi immagini, informazioni e ricordi delle esperienze piacevoli legate all’uso della sostanza: una sorta di anticipazione mentale del piacere. Questi processi mentali producono conseguenze negative come aumentati livelli di craving e di uso della sostanza.

Trattamento delle dipendenze patologiche

Dagli anni 90, La Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) si è dimostrata efficace nel trattamento delle dipendenze da sostanze e delle dipendenze comportamentali. Questa si concentra sulla modifica di pensieri negativi disfunzionali che poi portano all’assunzione di sostanze o all’uso problematico di un oggetto da cui si sviluppa dipendenza (slot machine, shopping, internet..). I pensieri negativi sono solitamente dei pensieri negativi su di sé, sugli altri e sul mondo che generano sofferenza e che la persona tenta di ridurre con il comportamento patologico (la dipendenza). L’obiettivo della CBT è quello quindi di rendere critica la persona su tali pensieri, modificarli e apprendere strategie comportamentali più funzionali per gestire le emozioni negative.

Oltre alla CBT più tradizionale, l’Approccio Motivazionale per le dipendenze patologiche è un tipo di intervento breve che mira a far acquisire al paziente maggiore conoscenza del suo problema e maggiore motivazione al trattamento. Solitamente è un approccio psicologico che precede un trattamento CBT vero e proprio ed è utile nei casi in cui la persona non si sentisse pienamente motiva a causa del beneficio che in un primo momento dà il comportamento patologico (riducendo lo stato di tensione legato ai pensieri negativi).

Successivamente anche la Terapia Dialettico Comportamentale (DBT) (Linehan 1991) è stata ri-adattata per il trattamento delle dipendenze patologiche. Questo trattamento prevede l’acquisizione di abilità comportamentali funzionali per gestire i momenti in cui la persona è a rischio di assunzione della sostanza o di mettere in atto il comportamento problematico da cui dipende. A differenza della CBT più tradizionale la DBT propone anche una serie di tecniche (esempio la mindfulness) legate all’aumento dell’attenzione consapevole che aumentano la capacità della persona di guidare la propria attenzione sull’esperienza presente portandolo alla consapevolezza rispetto alla gamma di scelte che ognuno può mettere in atto.

Successivamente è stata sviluppata una Terapia basata sulla Mindfulness applicata anche alle dipendenze patologiche, che ha lo scopo di promuovere e favorire maggiore consapevolezza dei trigger legati all’uso di sostanze, agli schemi abituali implicati nei comportamenti di dipendenza e delle reazioni “da pilota automatico” che portano a mettere in atto comportamenti disfunzionali di uso e abuso.

Più recentemente è stato studiato un nuovo modello (Modello Trifasico) (Caselli & Sapda) delle dipendenze patologiche che fa riferimento alla cornice teorica della Terapia Metacognitiva (Wells) e che approfondisce alcuni meccanismi che si sono dimostrati tipici nella persona che sviluppa una dipendenza patologica. Precisamente questo intervento mira a ridurre:

  1. una serie di pensieri positivi e negativi che la persona ha rispetto alla sua dipendenza patologica, che la aumentano e la mantengono nel tempo (es. bere mi è utile per essere più sciolto, fumare mi serve per aumentare la concentrazione, etc.);
  2. meccanismi psicologici, come il rimuginio, che la persona mette in atto e che portano all’escalation delle emozioni negative che aumentano poi l’urgenza di mettere in atto il comportamento problematico per ridurre lo stress; oppure come il pensiero desiderante, che è il meccanismo che attiva e fa aumentare il desiderio dell’oggetto desiderato a cui la persona poi non riesce più a resistere.

 

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