I disturbi d’ansia
Nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (quinta edizione; DSM–5; American Psychiatric Association, 2013) vengono classificati come disturbi d’ansia i seguenti disturbi:
- Disturbo d’ansia da separazione
- Mutismo selettivo
- Fobia Specifica
- Disturbo d’ansia sociale
- Disturbo di panico
- Agorafobia
- Disturbo d’ansia generalizzato
- Disturbo d’ansia da condizione medica
- Altro disturbo d’ansia specifico
- Disturbo d’ansia non altrimenti specificato
È possibile diagnosticare un disturbo d’ansia solo quando si è accertato che i sintomi di ansia non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o farmaco o a un’altra condizione medica, oppure non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale.
Esordio e prevalenza dei disturbi d’ansia
Molti disturbi d’ansia si sviluppano in età infantile e tendono a persistere quando non curati. La maggior parte è più comunemente diffusa nella popolazione femminile, con un rapporto di 2:1 rispetto ai maschi. Di seguito indichiamo la prevalenza nella popolazione generale dei principali disturbi d’ansia riportata nel DSM-5:
- Disturbo d’ansia di separazione (bambini: 4%; adolescenti: 1,6%)
- Mutismo selettivo (tra 0,03 – 1%)
- Fobia specifica (USA: 7 – 9% ; Europa: intorno al 6%; paesi asiatici, africani e latinoamericani: 2 – 4%)
- Disturbo d’ansia sociale (fobia sociale) (USA: 7%; Europa: 2,3%)
- Disturbo di Panico (USA e alcuni paesi europei: 2.3%; paesi asiatici, africani e latinoamericani: 0,1 – 0,8%)
- Agorafobia (1,7%)
- Disturbo d’ansia generalizzata (USA: 2,9%, altri paesi: 0,4 – 3,6%)
- Disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci (0,002%)
Comorbilità dei disturbi d’ansia
Il disturbo d’ansia può presentarsi in comorbilità, cioè in associazione, con un’ulteriore patologia, solitamente di diversa origine, durante il decorso clinico di quest’ultima. Le malattie che più frequentemente si associano ai disturbi d’ansia sono la depressione soprattutto, i disturbi bipolari, l’ADHD, le patologie respiratorie, cardiache e gastrointestinali, l’ artrite e l’ipertensione (Sareen et al., 2006). Inoltre è assodato come pazienti con altre malattie in comorbilità ai disturbi d’ansia presentino un decorso peggiore del disturbo e una qualità di vita inferiore rispetto a pazienti che presentano esclusivamente un disturbo d’ansia (Sareen et al., 2006).
È assolutamente importante riconoscere la presenza di eventuali comorbilità dei disturbi d’ansia per stabilire quale sia il trattamento farmacologico più adatto alla luce dei diversi disturbi copresenti.
Dall’ansia fisiologica ai disturbi d’ansia
L’ansia è un’emozione che tutti quanti abbiamo provato di fronte alla percezione di una minaccia, ma questo non implica necessariamente che in seguito si sia sviluppato un disturbo d’ansia. Normalmente quando proviamo ansia mettiamo in atto delle strategie per ridurre o eliminare la minaccia, ripristinando in questo modo la precedente situazione di normalità. Quindi che cosa fa sì che l’ansia fisiologica si trasformi in ansia patologica e si strutturi un disturbo d’ansia? Nei disturbi d’ansia l’attivazione fisiologica che segue la percezione di una minaccia nell’ambiente viene valutata a sua volta in maniera catastrofica dal soggetto, diventando essa stessa una minaccia, spesso ancora più grave della minaccia esterna che ha funzionato da fattore scatenante. Si crea così un circolo vizioso in cui l’interpretazione errata e catastrofica dei sintomi dell’ansia aumenta le sensazioni sgradevoli e queste a loro volta rinforzano l’interpretazione catastrofica. Il disturbo d’ansia viene così mantenuto da:
- attenzione selettiva. Il soggetto pone estrema attenzione ai segnali del proprio corpo interpretandoli in maniera catastrofica;
- rimuginio. Il soggetto trascorre molto tempo a preoccuparsi cercando di prevedere o prevenire eventi negativi in condizioni di incertezza e di costruire mentalmente ipotetiche soluzioni senza mai giungere a una conclusione;
- evitamento. Il soggetto evita gli stimoli temuti per non incorrere nell’ansia, riducendo così i propri gradi di libertà.
Come combattere l’ansia
Il trattamento elettivo per la cura dei disturbi d’ansia è la psicoterapia cognitivo comportamentale, che può essere associata a un trattamento farmacologico.
I farmaci maggiormente utilizzati come rimedi per l’ansia volti a tenere sotto controllo i sintomi sono:
- gli antidepressivi SSRI;
- gli ansiolitici;
- i beta bloccanti per la gestione di particolare sintomi fisici dell’ansia.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale mira a eliminare o ridurre i sintomi dell’ansia e a raggiungere un adeguato adattamento dell’individuo all’ambiente utilizzando tecniche comportamentali e tecniche di ristrutturazione cognitiva. In particolare nel panorama delle psicoterapia dell’ansia di stampo cognitivo comportamentale si distinguono due approcci principali volti a combattere l’ansia: la terapia metacognitiva e la terapia cognitiva standard.
Terapia metacognitiva (MCT)
La terapia metacognitiva si focalizza sui fattori che contribuiscono allo sviluppo del disturbo d’ansia, tra cui:
- le credenze negative riguardo al fatto che il rimuginio sia pericoloso e incontrollabile;
- le credenze metacognitive positive riguardo all’utilità del rimuginio che viene visto come una modalità di coping efficace;
- alcuni aspetti comportamentali come i tentativi di evitare il rimuginio e di controllare i propri pensieri.
Terapia cognitiva standard (CBT)
La terapia cognitiva standard si focalizza sull’intolleranza dell’incertezza e mira a ridurre l’ansia e il rimuginio aiutando i pazienti a migliorare la capacità di tollerare, affrontare e accettare l’inevitabile incertezza della quotidianità (Dugas & Robichaud, 2007). Le strategie e le tecniche utilizzate includono, per esempio, i training di consapevolezza dei propri stati ansiosi, le esposizioni in vivo e immaginative, le ristrutturazioni cognitive delle credenze irrazionali (pensiero catastrofico, bisogno di controllo, intolleranza dell’incertezza, timore di commettere errori o perfezionismo patologico, autovalutazione negativa, intolleranza delle emozioni, eccessivo senso di responsabilità) e gli esercizi di problem-solving.
Bibliografia
- American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Washington, DC: Author.
- Cassano, G.B. (2006). Psicopatologia e clinica psichiatrica. UTET, Torino.
- Sassaroli, S., Lorenzini, R., Ruggiero, G.M. (a cura di) (2006). Psicoterapia cognitiva dell’ansia. Rimuginio, controllo, evitamento. Raffaello Cortina Editore, Milano.
- Wells, A., (2012). Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. Eclipsi, Firenze.
- http://www.stateofmind.it/tag/ansia/#
- Sareen, J., Jacobi, F., Cox, B. J., Belik, S. L., Clara, I. & Stein, M. B. (2006). Disability and poor quality of life associated with comorbid anxiety disorders and physical conditions. Archives of Internal Medicine, 166(19), 2109-2116.
- Dugas, M. J., & Robichaud, M. (2007). Cognitive-behavioral treatment for generalized anxiety disorder: From science to practice. New York/London: Routledge